

C’è ancora qualcosa, del seno femminile, che manca, che non si può dire e che pertanto sfugge alla concettualizzazione della filosofia. Il compito di questa dannata disciplina sarebbe quello di allontanare definitivamente il seno dai costrutti retorici che lo relegano a una funzione accessoria o di sostegno alla riproduzione, per riportarlo infine alla sfera della semplice produzione di senso. Soltanto così, il seno può essere compreso senza zone d’ombra e fraintendimenti. Ma la filosofia, che dovrebbe avere nervi saldi e stomaco forte, vi ha rinunciato senza pentimenti per conservare intatto l’austero tono accademico e il maquillage. […]
Il seno subisce l’oblio e l’oltraggio della mammella. Questo è il suo tragico destino. La mammella lo copre con l’abbondanza dei suoi vetusti significati e lo rende muto. Al cospetto della mammella il seno si nasconde e sprofonda in un gelido silenzio. Le virtù dell’ingombrante ghiandola mammaria sovrastano la sua apparente inutilità che, però, il seno rivendica tutta per sé. Il seno non è un organo emuntore le cui escrezioni finiscono in una fetida latrina ma neppure è la tettarella da porgere alla bocca vorace dei neonati. Identificarlo con la mammella o con un ciucciotto qualsiasi significa rendergli un’offesa che francamente non merita. […]
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