De senectute
Più mi ritiro e raggrinzisco con l’età, più mi appare, soddisfatto, il mondo. Comincio a sospettare che, dopotutto, sia soltanto questa la qualità della vecchiaia, dare al mondo la possibilità di manifestarsi. Io rimpicciolisco, lui trionfa.
È come se il mondo volesse finalmente rifarsi su quella Vorstellung cui Schopenhauer lo aveva costretto e dalla quale, però, subiva prepotenze e intimidazioni. Mentre io annego negli anni, dunque, questo infelice capricciosamente si riscatta e spadroneggia.
Eppure il mondo mi rimane ancora indifferente come quando ero giovane e speculativo forse più di adesso. Quando il mio torvo sguardo da uccellatore dominava su tutto e lo teneva a bada senza alcuna possibilità di resa. Ma ora che la virilità degrada e la fibra dei miei muscoli avvizzisce e si allenta, lui fiero mi sbeffeggia.
E così sia, vigliacco! Non avere pietà di me. Non darti pena per quest’uomo ricurvo e incanutito con l’occhio acquoso da girino poiché nemmeno lui ne ebbe per la tua spietata haecceitas. D’altronde con te è andata meglio di come andò con Dio con il quale Nietzsche chiuse i conti con un solo aforisma della sua fottuta Gaia scienza.
Rallegrati per questo, pezzente! Consolati di aver vinto la partita. Ma soprattutto augurati di non incontrarmi di nuovo da qualche parte, così potrai finalmente tenere per te la finitudine dei tuoi miserabili orizzonti e l’insopportabile glebaglia delle suburre.