Dell’anima

Tu mi chiedi dell’anima, amico mio. Fai appello alla mia modesta formazione filosofica con la speranza di ottenere una di quelle risposte che non lasciano dubbi. Volentieri mi abbandonerei alla stessa audacia con cui, all’Università di Berlino, il giovane Schopenhauer tenne testa al professor Hegel che gli chiedeva il motivo dell’improvviso stendersi a terra di un cavallo. Ma sull’anima, purtroppo, credo di saperne almeno quanto te.

Tuttavia una piccola considerazione sull’argomento, come un flebile gemito, posso ancora offrirtela.

L’anima è come il fumo che succhio a boccate piene da questo toscano incandescente. Prima di questo dannoso atto, non esisteva che un nodoso bastoncino di tabacco secco. Ecco, certi filosofi prima e alcune religioni poi, hanno fatto lo stesso; hanno dato fuoco alle stoppie e meravigliati hanno creduto di trovarvi dentro Dio.

Insomma, amico mio, si sono illusi che il fumo fosse già dentro le insignificanti fascine che loro ardevano contenti e che bastasse un nonnulla per tirarlo fuori.

Se questa logica mi dà ragione, quanta anima deve essersi sprigionata a Campo de’ Fiori mentre il grasso dell’eretico Bruno faceva da combustibile alla pira su cui la Santa Inquisizione lo aveva condannato.

Ascolta amico mio, prima che ognuno di noi riprenda la propria strada e il tempo consegni entrambi al proprio destino, voglio aggiungere ancora un modesto dettaglio a queste amene considerazioni.
C’è chi crede che l’anima abbia un peso, una massa da misurare col bilancino. Non so se sia vero, ma di certo come il fumo acre e insopportabile del mio sigaro, essa repelle e puzza.

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