

La XXXIII edizione Premio Letterario Italo Calvino, al quale sono state inviate 889 opere, si è conclusa con la proclamazione della vincitrice – Maddalena Fingerle con il romanzo Lingua madre.
Io vi ho partecipato inviando il romanzo breve intitolato Veleno.
Veleno è un romanzo narrato in prima persona da un oftalmologo di cui non ci viene svelata l’identità e del quale solo di tanto in tanto possiamo apprezzare la voce; nella maggior parte dei capitoli, infatti, egli si limita a riportare la trascrizione delle telefonate notturne che riceve da Liberato Spina, un rinomato compositore suo paziente, reso quasi cieco da un glaucoma. Si tratta di telefonate perlopiù a senso unico, in cui Spina si abbandona a lunghi monologhi raccontando sé stesso e la sua visione della vita: alle riflessioni puramente esistenziali e filosofiche si affiancano confessioni più autobiografiche, in cui il compositore narra al medico dei suoi complicati rapporti familiari, degli anni del Conservatorio, la carriera musicale, la malattia invalidante e della relazione con Nora, la donna che è stata al suo fianco per molti anni, prima che un “equivoco” causasse la loro separazione. […].
[Dalla scheda del Comitato di lettura]
Il mio romanzo, insieme a qualche consiglio per migliorarne alcuni passaggi e per rafforzare la comprensione di certe scene/situazioni, ha ricevuto giudizi davvero lusinghieri dal Comitato di lettura, del tipo:
[…] si apprezza una prosa ricercata, matura e non convenzionale.
Si tratta di un testo denso sia nello stile che nei contenuti […]
Riuscire a mantenere alta l’attenzione del lettore con un testo così concettuale non è compito facile; una nota di merito va dunque all’autore, che dimostra una grande abilità nella costruzione di una continua sensazione di attesa e nella graduale messa a fuoco dei personaggi. Molto belle e funzionali a tal proposito sono anche le chiusure dei capitoli, che si concludono quasi sempre con un’efficace nota del dottore.
La prosa di Vincenzo Liguori è ricca e curata, tanto sul piano sintattico come su quello lessicale. Una scrittura controllata, senza sbavature né artificiosità, all’altezza di un romanzo di questo genere.
[…] un’opera complessa, stratificata e sofisticata.
[Dalla scheda del Comitato di lettura].
Inoltre, Veleno ha ricevuto la segnalazione del Comitato di lettura con la seguente motivazione: “per l’acuta indagine psicologica di un rapporto tra un medico e un paziente connessi da una donna, sullo sfondo di una Napoli impietosamente radiografata”.
Complimenti Vincenzo! Sono davvero felicissima per te, per il giudizio lusinghiero e la segnalazione del comitato di lettura. Le loro parole non fanno che rafforzare la mia certezza. Bravo bravo.
Cara Silvana,
sei molto buona e (forse) un po’ di parte perché so che mi vuoi bene come io ne voglio a te. Ma accetto volentieri i tuoi complimenti e ti ringrazio per il tempo che mi dedichi leggendo le mie amenità.
Un abbraccio e un bacio.
L’argomento sembra interessante. Il rapporto medico intrecciato al racconto autobiografico lascia capire la solitudine e il forte bisogno di comunicare del paziente. Le “confessioni” telefoniche in piena notte rimandano a uno scenario onirico in cui ognuno potrebbe trovarsi. Il medico diventa così il custode della storia narrata, che forse ognuno vorrebbe.
Ciao, Silvana.
C’è del vero nella tua ricostruzione della “trama” del romanzo.
Tuttavia il rapporto che si instaura tra i due (medico e paziente) è più complesso e ha, come medietà, una donna anch’essa malata.
È lei, la sua presenza nella vita di entrambi i soggetti maschili, che induce il vecchio compositore a confessarsi e consente al medico di aggiungere elementi biografici importanti per comprendere la sofferenza che la devasta.
Grazie per gli spunti di riflessione che mi hai offerto, per l’occhio attento all’intreccio della storia e, soprattutto, per il tempo che hai dedicato alla lettura dell’articolo.
Un caro saluto. A presto.
Vincenzo